Sito Archeologico di Mendolito
Il Sito Archeologico di Mendolito, situato nell’omonima contrada nei pressi di Adrano, contiene i resti di un’antica città che colpisce soprattutto per la sua grande estensione: ottanta ettari, un'area vastissima , superiore, anche se di poco, a quella di Megara Hyblaea e addirittura doppia rispetto l’antica città di Naxos.
La contrada fino alla prima metà del XX secolo era caratterizzata da agrumeti, per lo più coltivati ad arance, di cui rimangono ancora i singolari terrazzamenti, perfettamente ortogonali e ottenuti con muretti a secco in rocce vulcaniche, alimentati da saie in terracotta e cemento.
L’insediamento si sviluppò su un terrazzo basaltico presso la riva orientale del Simeto, su un terreno reso fertile dal suolo vulcanico e dalla facilità di approvvigionamento idrico. Il sito archeologico del Mendolito è però considerato particolarmente importante per il cospicuo ripostiglio bronzeo, che si ritiene fosse riferibile ad una fonderia connessa ad un santuario, e per l'unica iscrizione in lingua sicula di carattere monumentale ad oggi pervenuta. Dall'area del Mendolito proviene anche una statuetta bronzea raffigurante un banchettante, piccolo capolavoro di età arcaica, risalente al 530 a.C., il celebre “Efebo”, oggi custodito ed esposto presso il Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi di Siracusa.
Le prime campagne di scavo, effettuate nel 1962-1963, hanno riportato alla luce alcune case arcaiche, la porta urbica, una necropoli, e si è potuto esplorare un tratto della cinta muraria, fortificazione interamente realizzata impiegando pietrame lavico non sbozzato.
La porta urbica meridionale è protetta da due torri con pianta a ferro di cavallo databile alla seconda metà del VI sec. a. C.. Nel vano della porta, compreso tra le due torri, è stato ritrovato uno strato di tegole di copertura cadute che fa ipotizzare la presenza di una sorta di tettoia al di sopra dell’apertura tra i due bastioni. Nello stipite orientale della porta era inserito il famoso blocco in arenaria, oggi conservato presso il Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi di Siracusa, recante un’importante iscrizione in lingua panellenica, non greca. Si tratta di una scrittura continua graffita da destra a sinistra sulla faccia esterna del blocco, disposta in due righe e ad andamento sinistroso. E’ il più lungo ed importante testo siculo finora conosciuto, la cui interpretazione è ancora controversa, databile alla seconda metà del VI sec. a.C..
La necropoli sud, situata nella contrada Sciare Manganelli, sono state trovate alcune sepolture tipiche del centro siculo. Si tratta di tombe cosiddette a tholos, piccole costruzioni circolari di pietra lavica a cupola, forse di lontane ascendenze elladiche, con corredi riferibili a più deposizioni. Le tombe erano costruite direttamente sul banco lavico e risultavano destinate ad accogliere più individui appartenenti quasi certamente alla stessa famiglia.
La fortificazione, si ritiene, doveva circondare la città sui lati Nord, Sud ed Est, lasciando sguarnito il lato occidentale, difeso naturalmente da alte pareti rocciose.
Quasi nulla purtroppo si conosce degli edifici di culto e di carattere pubblico, nonostante al Museo Archeologico di Adrano siano esposti alcuni importanti elementi architettonici in pietra lavica.
Resta inesplorato, infatti, l'impianto urbano, le aree sacre, e ancora ignoto il nome della città, anche se le prime ipotesi, con il conforto della numismatica, lo identificano con l'antica città indigena di Piakos.