Leggenda della Vecchia Strina
La Vecchia Strina è la protagonista di un'antichissima fiaba diffusa nell’entroterra siciliano, soprattutto nel cuore delle Madonie.
La Vecchia Strina, nella tradizione siciliana, riveste lo stesso ruolo che la befana ha nella tradizione italiana. Si tratta di un’anziana signora rugosa, sdentata e dall’aspetto cupo che vive in luoghi nascosti e che nella notte tra il 31 dicembre e l’1 gennaio giunge nelle case per portare doni e dolciumi ai bambini buoni e per punire i più dispettosi portando loro del carbone. A differenza della befana che si muove a bordo di una scopa, la Vecchia Strina si muove a dorso di un mulo.
La leggenda della Vecchia Strina assume connotati diversi da paese in paese: a Gratteri, la Vecchia Strina è una strega che abita nella grotta della Grattara, nel cuore delle Madonie e che la notte del 31 dicembre lascia la sua dimora in sella ad un asino, avvolta da un misterioso velo bianco, per portare ai bambini caramelle e i tipici Turtigliuna, i buccellati; a Cefalù la Vecchia Strina nella notte del 31 dicembre lascia la Rocca, dove si nasconde durante tutto l’anno, per scendere a valle accompagnata dal marito, trascinando con sé barattoli di latta per fare più baccano possibile ed avvertire del suo arrivo. Ad Isnello la Vecchia Strina, meglio conosciuta come "Nunna Vecchia", viene accolta dai bambini, che vagano per le abitazioni del paese in cerca di dolciumi e caramelle, con rumorosi campanacci. In altri paesi, per non farsi riconoscere, la Strina assume sembianze non umane per poter entrare facilmente nelle case: a Corleone si trasforma in uccello, a Vicari in formica.
La tradizione della Vecchia Strina è molto antica e affonda le sue radici nel periodo romano: la sua più antica antenata è la dea Strenia, dea dell’abbondanza. Si ritiene infatti che il termine "Strina" derivi dal latino "strēna" che ha significato di "regalo di buon augurio". Durante i Saturnali, un ciclo di festività in onore del dio Saturno che si svolgevano dal 17 al 25 dicembre, vi era infatti l'usanza di scambiare dei doni augurali in nome della dea Strenia. Inoltre quando Romolo fondò Roma, come simbolo di prosperità, i cittadini gli offrirono un fascio di rami verdi, tagliati dal vicino bosco sacro alla dea Strenia. Rito che venne rinnovato ogni anno e che nel tempo si trasformò nell'usanza di scambiarsi ramoscelli sacri di alloro e ulivo nel primo giorno di gennaio in segno di prosperità.