Maschera del "Picuraro" di Antillo
Area Culturale Comune Antillo
Antillo possiede una tradizionale maschera di carnevale, la maschera del "Picuraru", ossia del "pecoraio".
Si tratta di un travestimento che richiama con forza alla vita agreste. L’uomo è in parte uomo in parte bestia: il pantalone peloso di colore scuro richiama il pelo delle bestie, e si contrappone alla casacca bianca che rappresenta la parte umana. I Picurari portano inoltre u facciali, ossia una maschera di tela bianca con due buchi per gli occhi e a mèusa, il copricapo tradizionale. Ai piedi calzano scarp’i pilu, scarpe di cuoio grezzo tenute ferme da fettuccie di cuoio incrociate lungo la gamba. Dalla cintura rinforzata pendono tutt'intorno i campanacci, una dozzina o più, di varia foggia e grandezza che rimarcano la figura del caprone e che hanno la funzione rituale di preannunciare il temuto arrivo dei mascherati e le loro azioni trasgressive. Completano il travestimento un asciugamano ricamato con le frange annodate che dalla spalla sinistra ricade sul fianco destro e una bisaccia che contiene del formaggio vecchio da una parte e una pietra focaia dall'altra. Portano infine un lungo bastone, splendidamente intarsiato e decorato, ricavato da un nodoso ramo di perastro.
Un tempo, per esorcizzare le angosce e le paure del vivere quotidiano, durante il periodo carnavalesco, le temibili e misteriose maschere dei pícurari si riunivano a gruppi di 8-10 e scorrazzavano per le vie di Antillo destando, con le loro imprevedibili e irriverenti scorribande gestuali e verbali, ora ilarità ed esplosioni di risate liberatorie, ora sconcerto e stupore.
Il cerimoniale carnevalesco prescriveva che di tanto in tanto i pícurari stabilissero un contatto verbale con la gente, consistente in uno scambio rituale di battute obbligate:
Picuraru, m'u duni um-mmostru i frummàggiu?
Pecoraio me lo dai un pezzo di formaggio?
Dammi u cutedddu chitt'u tàgghju
Dammi un coltello che te lo taglio
Se l'interlocutore gli dava il coltello, u pícuraru fingeva di volerlo affilare sulla pietra focaia ma, volutamente, gli rovinava il taglio. Lo scherzo veniva tuttavia ricompensato con un pezzo di formaggio offerto in dono al malcapitato. L'incursione de i picurari, nel rispetto delle sequenze cerimoniali, si chiudeva in piazza dove intrecciavano gioiosamente balli di contradanza con maschere femminili. Il ballo finale di riconciliazione sanciva il trionfo del Bene, rappresentato dalle dame, sul Male, simboleggiato dalle figure semiselvatiche dei pícurari, e segnava la fine del trasgressivo e spensierato intervallo carnevalesco e il ritorno alla consueta vita quotidiana.
Oggi la maschera de u picuraru rivive ancora in occasione del carnevale di Antillo.