Vasche Romane a Lampedusa
Le Vasche Romane a Lampedusa rappresentano resti di un impianto di lavorazione del pesce risalente alla metà del II sec. a.C.. La portata produttiva di questo impianto, che si sviluppa su tre livelli terrazzati sul pendio roccioso di Cala Salina, era molto elevata dato l'elevato numero di vasche individuate e l’estensione del terreno occupato.
La struttura di questa opera industriale riprende lo schema delle cetariae romane, presenti in diversi siti lungo le coste del Mediterraneo occidentale, ossia delle vasche per la salagione del pesce. In queste vasche veniva posto essiccare il pesce in mezzo a strati di sale.
La tecnica di costruzione di questi impianti risponde a precisi criteri funzionali: i gruppi di bacini sono allineati al livello del suolo e disposti simmetricamente al fine di equilibrare la pressione del contenuto sulle pareti delle vasche. Le vasche presentano forma quadrangolare e dimensioni variabili, e sono state realizzate con il fondo scavato nella roccia e le pareti costruite in altezza con muretti in impasto cementizio, opus caementicium, composto da piccole pietre legate con malta. La superficie interna è rivestita da uno strato impermeabile di malta idraulica e presenta un cordolo convesso inserito tra il fondo e le pareti per agevolare la raccolta del contenuto e le operazioni di pulizia.
Si ritiene che l'irregolarità delle forme e delle dimensioni delle varie vasche sia, in generale, legata semplicemente alla necessità di adattare l’impianto all’andamento irregolare e ripido del pendio roccioso. Tuttavia la presenza di piccole fosse circolari in prossimità della riva ha portato ad ipotizzare che queste venissero utilizzate per macerare le interiora dei pesci e ottenere il garum, una salsa utilizzata dai Romani per insaporire le pietanze.