Chiesa di San Cataldo a Palermo
La Chiesa di San Cataldo a Palermo è un piccolo capolavoro architettonico, opera di maestranze islamiche che la edificarono secondo criteri romanico-occidentali.
In origine l’edificio era la cappella di un complesso di edifici, oggi scomparsi, appartenenti a Maione da Bari, Grande Ammiraglio del regno sotto re Guglielmo I.
La sua forma di parallelepipedo con le tipiche cupole rosse che la sovrastano e l’esempio più peculiare della cultura architettonica araba al servizio dei sovrani normanni.
La facciata esterna è animata da arcate cieche a rincasso che inquadrano le tre monofore aperte su ciascun lato a dalla fine cimasa di coronamento. L’abside maggiore è sporgente e alta quanto tutto l’edificio.
L’interno, a pianta centrale, è diviso in tre navate separate da quattro colonne, ed è scandito dalle tre cupole che individuano le tre campate quadrate della navata centrale. Le brevi navate laterali sono coperte da volte a crociera. Le pareti nude, prive di qualsiasi decorazione, esaltano la nitidezza architettonica della chiesa, ingentilita dalle colonnine angolari del santuario e dagli archi a sesto acuto retti da colonne e capitelli. A rendere ancor più preziosa la chiesetta contribuisce il pavimento in opus sectile. Questo pavimento, unico esempio dell’epoca di Guglielmo I, è un esempio della nuova corrente promossa da Ruggero II, che interpretò in modo nuovo ed originale la tradizione orientale di matrice bizantina.
La chiesa fu inglobata in una struttura neoclassica agli inizi del secolo XIX. Venne poi restaurata, tra il 1881 e il 1885,dall’architetto Giuseppe Patricolo che eliminò i volumi che si erano aggiunti nel tempo all’edificio originario.