Chiesa di San Filippo Apostolo a Siracusa
La Chiesa di San Filippo Apostolo di Siracusa riveste particolare importanza per i tre livelli sotterranei scavati dagli greci antichi in essa custoditi.
Si ritiene che questo sito fosse usato come luogo di culto fino al 1492, anno in cui il re Ferdinando emanò l’editto di espulsione degli ebrei dal suo regno e quindi anche dalla Sicilia, e che successivamente la Confraternita di San Filippo occupò il luogo ed iniziò la costruzione di una prima chiesa. A causa del terremoto del 1693 non abbiamo alcuna traccia di questa costruzione. Da atti notarili si evince che la costruzione dell’attuale chiesa sia avvenuta tra il 1706 e il 1742, data è rimasta incisa sulle pietre della facciata della chiesa.
La chiesa di San Filippo apostolo, caratterizzata da una pianta a croce greca e dallo sviluppo piramidale nel frontone, deve la sua particolarità alla posizione centrale della cupola, che introduce un elemento innovativo nell’architettura religiosa aretusea, diversamente dalle altre chiese di Ortigia in cui la cupola si trova tra il transetto e la navata principale. La facciata è impostata su due ordini, di cui quello inferiore delimitato da paraste corinzie; il modulo centrale ha lo spazioso portale timpanato al primo ed una finestra affiancata da lesene nel secondo.
Lo spazio interno è suddiviso in tre navate separata da pilastri poligonali affiancati da colonne che reggono archi a tutto sesto. Gli interni sono caratterizzati da un ammanto decorativo tipicamente settecentesco.
Di particolare importanza sono i tre livelli sotterranei scavati dai greci antichi: al primo livello si trova la cripta della chiesa con affreschi settecenteschi; al secondo la rete ipogea, affascinante dedalo sotterraneo che collega tutti i luoghi sacri e istituzionali dell'antica di Ortigia e che funse anche da rifugio durante la seconda Guerra Mondiale; e al terzo un pozzo greco intorno al quale, nel tardo quindicesimo secolo, è stata costruita una scala elicoidale che conduce fino alla sorgente di acqua dolce posta a 18 metri di profondità, usata come mikveh, bagno rituale ebraico. Questa area di Ortigia detta Giudecca, infatti, ospitava fino al 1492 il quartiere ebraico.