Ex Stabilimento Florio a Favignana
L’ex stabilimento Florio di Favignana, con all'interno uno spazio destinato a museo, sale multimediali e altri spazi per diversi eventi etno-culturali, è uno splendido esempio di archeologia industriale.
Il complesso, che si estende per circa 32 mila metri quadri, comprende l'antica tonnara di Favignana e l’annesso stabilimento per la conservazione del pescato. Sono presenti grandi ambienti coperti, spazi e ambienti diversi per dimensioni e destinazioni d’uso: uffici, magazzini, falegnameria, officine, spogliatoio per gli uomini e spogliatoio per le donne, stiva, galleria delle macchine, trizzana e malfaraggio per il ricovero delle barche, locali a servizio della lunga batteria di forni per la cottura del tonno e, svettanti su tutto, tre alte ciminiere. Tutti gli edifici sono caratterizzati dal tufo di Favignana.
Il primo nucleo dello stabilimento nacque grazie al genovese Giulio Drago che prese in affitto la tonnara di Favignana nel 1859. Nel 1878, per volere di Ignazio Florio che incaricò l'architetto Giuseppe Damiani Almeyda, i fabbricati della tonnara furono ampliati e ristrutturati, e fu costruito lo stabilimento per la conservazione del tonno. Il primo del suo genere ed è qui che fu inventato il rivoluzionario metodo della conservazione del tonno sott'olio dopo la bollitura e inscatolamento. Il tonno tagliato a pezzi veniva cotto in 24 grandi caldaie, ancor oggi visibili, e, successivamente, posto ad asciugare. In un altro ampio locale si effettuava la lavorazione delle latte, mediante utilizzo di macchine e saldatrici. All’esposizione universale del 1891-92 la ditta Florio presentò anche le innovative scatolette di latta con apertura a chiave. Nei primi decenni del ‘900, il più importante gruppo industriale e finanziario siciliano fallì.
Lo Stabilimento Florio rimase pienamente produttivo passando nelle mani della famiglia Parodi di Genova, che acquistarono 1937 anche Favignana e la tonnara con tutti i diritti di terra e di mare. Con quest’ultimi lo stabilimento continuò a lavorare proficuamente fino agli anni ’70, quando lo stabilimento cessò la sua attività non potendo più essere competitivo nel mercato. Acquisito al patrimonio della Regione Siciliana, oggi è divenuto un polo museale.
